Le 'scuole' del Diritto Canonico.
A chi si avvicina per la prima volta al Diritto Canonico con un approccio 'dottrinale'
si presenta immediatamente il problema di capire quali ne siano le 'correnti' interpretative,
le diverse 'scuole' e tradizioni. L'operazione diventa ancor più difficile se
il primo approccio dottrinale avviene attraverso un 'commentario' e su tematiche
canonistiche non conosciute nel loro retroterra teologico; si rischia allora di ritenere
in modo non abbastanza 'critico' quanto appreso sul tema.
Diventa importante, per i neofiti soprattutto, potersi fare una prima idea del panorama dottrinale offerto dalle varie 'scuole' e dalle diverse sensibilità presenti nella stessa Chiesa Cattolica: un semplice 'vademecum' che aiuti anche a scegliere COSA e COME leggere in base alle proprie convinzioni ecclesiologiche.
(Cfr. REDAELLI CMR, Il concetto di diritto nella Chiesa nella riflessione canonistica tra concilio e codice, Milano, 1991)
L'editoriale, apparso nel 1965, del fascicolo della rivista "Concilium" dedicato al diritto canonico può essere considerato come il manifesto di una certa linea di tendenza presente nella canonistica postconciliare: quella caratterizzata da un programma di "de-teologizzazione" del diritto canonico e di una parallela "de-giuridizzazione" della teologia.
Partendo dall'affermazione che "il Diritto canonico e la Teologia hanno tra di loro dei rapporto essenziali", l'articolo cerca di precisare in alcuni punti la relazione tra queste due realtà ecclesiali. Dopo aver accennato all'esistenza "di una teologia del Diritto canonico e di una teologia nel Diritto canonico" , gli autori dell'Editoriale giungono a specificare il compito della teologia nei riguardi del diritto canonico: essa "informa il Diritto canonico e gli offre le basi pre-giuridiche - i dati immutabili della costituzione sociale, gerarchica e sacramentale della Chiesa - e il fine meta-giuridico, la salvezza delle anime". Tali basi teologiche offerte all'attuazione del diritto canonico sono però spesso generiche e indifferenti rispetto alle possibili concretizzazioni della norma canonica . Da qui la "non identificazione della Teologia e del Diritto canonico, così come il carattere relativo della regola canonica davanti al carattere assoluto, quantunque generico, della norma teologica". Dimenticare tale essenziale relatività del diritto canonico, porta alla sua "teologizzazione" e alla corrispettiva "giuridizzazione'' della teologia. Questo succede quando si tende a "teologizzare i fatti compiuti", ossia quando la teologia cade nella tentazione "di identificare delle leggi, degli usi e delle consuetudini magari molto stabili (e la forza di una tale tentazione è proporzionale a questa stabilità), con delle norme di diritto divino di carattere immutabile, quando non si ha in effetti che delle regole canoniche che rientrano nel campo del potere discrezionale della Chiesa, che le può modificare''. La relatività del diritto canonico comporta anche - secondo Concilium - il suo essere 'uno strumento per la pastorale' . Può esserlo però solo se mantiene la sua relatività, se si "rivede continuamente la sua fedeltà teologica e il suo adeguarsi pastoralmente. La costituzione sociale della Chiesa, non essendo immutabile che nelle sue linee sostanziali, rende possibile questa revisione; e le necessità mutevoli della pastorale la rendono necessaria". Per tale motivo una "teologizzazione" del diritto canonico, rendendolo immutabile, non gli permetterebbe di essere valido strumento per la pastorale, di ottemperare alla sua missione"che è di regolare e di ordinare la pastorale". E' quindi necessaria la "deteologizzazione" del diritto canonico e la 'degiuridizzazione' della teologia: così la teologia sarà portata "ad approfondire e a prendere una coscienza più chiara dei punti di dottrina teologica anteriori al diritto", evitando così "teologizzare" superficialmente e immediatamente i dati del diritto canonico; questi poi non sarà costretto all'immobilismo, a cui lo legherebbe la"teologizzazione", ma sarebbe in grado di essere uno strumento costantemente aggiornabile della pastorale. In conclusione, solo una corretta impostazione del rapporto tra diritto canonico e teologia, sarà in grado di portare, secondo gli autori - non si dimentichi che l'Editoriale è del 1965 e ci si trova quindi all'inizio del lavoro di riforma del Codice -, a un reale "aggiornamento o attualizzazione della disciplina canonica".
Come è facile ricavare da questi pochi accenni, l'intento di Concilium,è ultimamente caratterizzato dalla riforma del Codice di diritto canonico e dalla "necessità di una costante valorizzazione pastorale delle leggi".
Un considerevole approfondimento delle problematiche fondamentali del diritto canonico, è dato invece dal complesso della riflessione di due degli autori dell'Editoriale: Huizing e Jiménez Urresti.
La seconda corrente di pensiero presente nella canonistica postconciliare è quella rappresentata da quel gruppo di studiosi che D'Avack chiama nel proprio Trattato le "scuole nordiche", intendendo riferirsi alla "scuola svizzero-germanica" e alla "scuola polacca". Si tratta di quell'insieme di autori che riconosce in Klaus Morsdorf (il fondatore dell'Istituto canonistico di Monaco) il proprio capo-scuola o, comunque, un indiscutibile punto di riferimento ed ha avuto come suoi maggiori discepoli, Antonio Maria Rouco Varela (oggi Card. Arcivescovo di Madrid) e Eugenio Corecco (ex-Vescovo di Lugano).
('Opus Dei', ndr)
Il terzo gruppo di autori che prendiamo in esame è certamente quello più omogeneo. Si tratta di quattro studiosi della cosiddetta "scuola di Navarra", quel gruppo di canonisti cioè che ha studiato o insegnato o tuttora ha una cattedra presso la Facoltà di diritto canonico dell'Università di Navarra, con sede in Pamplona (Spagna).
Pur spaziando su tutte le tematiche canonistiche - come è facile rilevare scorrendo gli indici delle annate del periodico "Ius Canonicum" (ed. Giuffrè, ndr) o il catalogo dell'editrice EUNSA, entrambi espressione di quella università - la "scuola di Navarra" ha dato ampio spazio alle problematiche fondamentali del diritto della Chiesa, sentendosi interpellata dalla 'crisi' degli anni conciliari e postconciliari.
Gli studiosi che si sono impegnati su questi argomenti sono diversi, ma è indubitabile che i quattro che stiamo per presentare siano quelli che più di altri - almeno tra il Concilio e il Codice - hanno approfondito le questioni primarie della canonistica. Si tratta anzitutto di Pedro Lombardia, che può essere considerato il 'caposcuola';. Poi di Javier Hervada e Pedro Juan Viladrich, i quali hanno dato ampio risalto, rispettivamente, ai temi dell'ordinamento e della scienza canonistica. Infine, si analizzerà il pensiero di Alberto de la Hera, il cui contributo allo studio della scienza del diritto canonico merita di essere ricordato.